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martedì 5 gennaio 2010

Canti de "La Compagnia dell'anello"


Canto dell'anello Tre Anelli ai re degli Elfi sotto il cielo che risplende,
Sette ai Principi dei Nani nelle loro rocche di pietra
Nove agli Uomini Mortali che la triste morte attende,

Uno per l'Oscuro Sire chiuso nella reggia tetra
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra nera scende.

Un Anello per domarli, Un anello per trovarli,
Un Anello per ghermirli e nel buio incatenarli,
Nella Terra di Mordor, dove l'Ombra cupa scende

Il canto dell'esploratore
Rosso è il fuoco nel camino,
Sotto al tetto un letto aspetta;
Ma non son stanchi i nostri piedi,
Voltato l'angolo incontrar potremmo
D'improvviso un albero o un grosso sasso,
Che nessuno oltre noi ha visto.
Alberi e fiori, foglie e fuscelli,
Fateli passare! Fateli passare!
Sotto al nostro cielo colli e ruscelli
Passeranno oltre! Passeranno oltre!

Voltato l'angolo forse ci aspetta
Un ignoto portale o una strada stretta;
Se purtroppo oggi tirar oltre dobbiamo,
Può darsi che domani questa strada facciamo,
Prendendo sentieri nascosti
Che portano alla Luna o al Sole.
Mela, spina, noce, prugna,
Fateli passare! Fateli passare!
Sabbia, pietra, stagno, dirupo,
In bocca al lupo! In bocca al lupo!

Dietro è la casa, davanti a noi il mondo,
E mille son le vie che attendon, sullo sfondo
Di ombre, vespri e notti, il brillar delle stelle.
Davanti allor la casa, e dietro a noi il mondo,
Tornar potremo a casa con passo infin giocondo.
Ombre e crepuscolo, nuvole e foschia
Sbiadiranno via! Sbiadiranno via!
Fuoco e luce, da bere e da mangiare,
Così tutti a letto poi potremo andare!

Inno elfico a Elbereth Gilthoneil (1) Candida-neve! Candida-neve! Limpida dama!
Regina al di là dei Mari Occidentali!
Luce per noi che qui girovaghiamo
Ove gli alberi tessono un'oscura trama!

Gilthoniel! O Elbereth!
Limpidi i tuoi occhi e terso il tuo respiro!
Candida-neve! Candaida-neve! Noi te decantiamo
In un ermo paese dal Mar molto lontano.

O stelle che durante l'Anno Cupo
Le sue brillanti mani hanno tessuto,
In campi ove l'aria è limpida e lucente
Vi vediamo fiorire pari a boccioli d'argento!

O Elbereth! Gilthoniel!
Ricordiamo ancora noi che viviamo
In un luogo boscoso da te tanto lontano,
Il tuo chiaror stellare sui Mari Occidentali.

Un canto conviviale
Oh! Oh! Oh! Ho bisogno del nettare dal bel colore
Per guarire il mio cuore e ed annegare il mio dolore.
La pioggia può cadere ed il vento soffiare,
E' lunghissima la strada che mi resta da fare,
Ma sotto un grande albero io mi riposerò
E le nuvole veloci passare guarderò.

Canzone del bagno Canta! Perchè il bagno sul finir del giorno
Sai che laverà via il fango più immondo!
Pazzo è colui che si rifiuta di cantare;
Dell'Acqua Calda non vi è piacer più salutare!

Dolce è della pioggia che cade intorno il suono,
E del ruscel che scorre dal colle al pianoro;
Ma meglio della pioggia e dell'impetuoso torrente,
E' l'Acqua Calda di un fango fumante e bollente.

D'acqua fredda il bisogno noi risentiamo a volte
Per cavare la sete e procurar sollievo;
Ma in questi casi è meglio di Birra una botte
E giù per la tua schiena Acqua Calda a dirotto.

Bello è veder l'acqua zampillare
E da una fonte limpida al sole scintillare,
Ma suono di fontana non sarà mai sì piacevole
Come dello sguazzar nell'Acqua Calda il rumor allettevole!

L'addio di Merry e Pipino Addio a voi, mio atrio e mio braciere,
Il vento può soffiare e la pioggia cadere
Ma prima della rugiada, che l'alba fresca bagna,
Noi marcerem pei boschi e sull'alta montagna.

A Gran Burrone, ove sono gli Elfi intenti all'opre,
In radure che un fine velo di nebbia ricopre,
Arriverem attraverso lande deserte e brughiere,
E da lì poi dove andrem, nessuno può sapere.

Davanti a noi i nemici e dietro lo spavento,
Il nostro letto sarà sotto il cielo e nel vento,
Fino al giorno in cui con la stanchezza in volto,
Il viaggio sarà finito, ed il compito svolto.

Dobbiamo andare Dobbiamo andare!
Prima che l'alba incominci a spuntare!

Un canto nella Foresta O voi che errate nel paese oscuro,
Non disperate! Benchè d'aspetto cupo e duro,
Ogni bosco finisce
Ed il sole apparisce:
Il sole dell'alba, il sole del vespro,
Il giorno che nasce o che muore grandioso,
Poichè il bosco svanisce ad ovest o ad est....

Bombadill e Thinúviel Ehi dol! Bel dol! Suona un dong dillo!
Suona un dong! Salta ancor! Salice bal dillo!
Tom Bom, bel Tom, Tom Bombadillo!

Ehi doll! Vieni bel doll! Cara dol! Mio tesoro!
Il vento soffia leggero e la stella spunta d'oro
Laggiù ai piedi della Collina che brilla alla luce solare,
Sulla soglia aspetta il debole chiarore stellare,
La mia graziosa dama, figlia della Regina del Fiume,
Esile più di un salice, più limpida dell'acqua, più brillante di un lume,
Il vecchio Tom Bombadil ha colto dei gigli d'acqua,
E saltellando torna, e mai nel giorno tacque.
Ehi! Vieni bel doll! Cara dol! Mio tesoro!
Boccador, Boccador, un'allegra bocca d'or!
Povero Vecchio Uomo Salice, hai nascosto le radici,
Ma Tom ha fretta adesso. La sera giungerà tosto.
Il vecchio Tom Bombadillo ha colto dei gigli d'acqua
E saltellando torna, e mai nel giorno tacque.

Veloci, piccoli miei che il Sinusalice risalite!
Tom va già avanti e le candele accende.
Ad ovest cala il sole e la notte vi attende.
Giunta l'oscurità, la nostra porta aprite,
Dai vetri e le finestre la luce s'intravede,
Non temete i neri ontani ed i salici canuti!
Non temete rami e radici, ché Tom vi precede.
Veloci, venite, vi aspetterem seduti.

Ehi! Vieni, bella dol! Giunti son gli amici!
Hobbit! Cavallini! Siam tutti ora felici!
Viva i divertimento! Cantiamo tutti assieme!

Viva il divertimento! Cantiamo tutti assieme
Di sole, stelle, luna, nebbia, pioggia e speme,
Luce sul bocciolo, rugiada sulle piume,
Rovi sullo stagno ombroso, gigli sull'acqua che freme.
Vecchio Tom Bombadill, e la Figlia del Fiume!

Esile più di un salice! Più limpida dell'acqua! Più brillante di un lume!
O giunco chinato sul lago! O dolce Figlia del Fiume!
Tu sei estate e primavera, e poi nuovamente estate!
Tu delle fronde le risa, e brezza sulle cascate!

Vecchio Tom Bombadil è un tipo allegro;
Ha gli stivali gialli e la giacca blu cielo.

Avevo un compito da svolgere: coglier tanti gigli,
Verdi foglie e gigli candidi per la mia dolce dama,
Per conservare gli ultimi, prima della fine dell'anno,
Al riparo dalla neve, a fiorire ai suoi piedi.
Ogn'anno sul finir dell'estate li vado a cercare per lei,
In un limpido stagno profondo, lontano dal Sinusalice;
Lì, in primavera, solo i primi a sbocciare, e lì i più lunghi a durare,
E lì, tanto tanto tempo addietro, trovai la Figlia del Fiume,
Dolce Boccador seduta in mezzo ai giunchi.

Ed è stato un bene per voi, perché ormai non tornerò più
Lì in fondo lungo le acque del fiume,
Ora che l'anno muore. E nemmeno passerò più
La casa del Vecchio Uomo Salice Grigio
Fino alla primavera, quando allegra la Figlia del Fiume
Va ballando nel sinuoso sentiero e si tuffa nell'acqua.

L'incantesimo di Tumulilande Fredda la mano ed il cuore e le ossa,
Freddo anche il sonno è nella fossa:
Mai vi sarà risveglio sul letto di pietra,
Mai prima che muoia il Sole e la Luna tetra.
Nel vento nero le stelle anch'esse moriranno,
Ed essi qui sull'oro ancora giaceranno,
Finchè l'oscuro signore non alzerà la mano Sulla terra avvizzita e sul mare inumano.

Aiuto Bombadil! [cantato da Frodo]

Oh! Tom Bombadil, Tom Bombadillo!
Nell'acqua, bosco e colle, tra salice e giunchiglio,
Con fuoco, sole e luna, ascolta il mio richiamo!
Vieni, Tom Bombadil, del tuo aiuto abbisognamo!

[cantato da Tom Bombadil]

Il vecchio Tom Bombadil è un tipo allegro,
Porta stivali gialli ed una giacca blu cielo.
Nessuno l'ha mai preso, perchè Tom è il Messere;
Più potenti i suoi canti, e più veloci i suoi piedi.

Svegliatevi, allegri ragazzi! Svegliatevi al mio richiamo!
Siano caldi il cuore e le membra! La gelida pietra è caduta!
L'oscura porta è spalancata; la mano morta è rotta.
La Notte è stata cacciata, ed il Cancello vi aspetta!

Ehi! Ehi! Venite qui! Dove girovagate?
Su, giù, qui, lì, vicino oppur lontano?
Orecchie-aguzze, Saggio-naso, Coda-fischio e Zotico,
Amico Calze-bianche, e vecchio Grassotto Bozzolo!

La canzone della locanda C'è una locanda, un'allegra locanda,
Sotto un vecchio colle grigio,
Ove la birra è così scura,
Che anche l'Uomo della Luna
E' sceso un giorno a berne un sorso.

Lo stalliere ha un gatto brillo,
Che suona un violino a tre corde;
Su e giù scorre l'archetto,
Stridulo a volte, a volte cheto,
Ed a volte solo un trillo.

L'oste invece ha un cagnolino
A cui piacciono gli scherzi;
Se gli altri ridono, davanti al camino,
Rizza l'orecchio ad ogni battuta,
Sghignazzando come un mattaccino.

Tengono anche una signora mucca,
Più orgogliosa di una regina,
Ma la musica le fa girar la testa,
Ed agitar la coda in segno di protesta,
E ballare allegra sull'erba verdina.

Se solo vedeste i piatti d'argento,
Ed i cassetti pieni di posateria!
Per la Domenica un servizio speciale
Si lucida sempre in lavanderia,
Il Sabato quando il sole cala lento.

L'Uomo della Luna beveva in abbondanza,
Ed il gatto brillo si mise a miagolare,
Un piatto ed un cucchiaio iniziaron la danza,
E la mucca in giardino saltava con baldanza,
E il cagnolin la coda cercava d'afferrare.

L'Uomo della Luna bevve un altro sorso
E poi rotolò giù dalla sedia sul dorso;
Lì si addormentò, sognando la birra scura,
Finchè le stelle in cielo sbiadiron nell'aria pura,
E l'alba s'alzò rosa senz'ombra di paura.

Disse lo stalliere al suo gatto brillo:
"I cavalli bianchi della Luna
Nitriscono e mordono il morso,
Ma il loro padrone è disteso sul dorso,
E fra poco il Sole inizia il suo percorso".

Allora il gatto suonò sul suo violino
Una musica da far rizzare i morti lì vicino,
Squillava, grattava e strimpellava,
Mentre l'oste, scuotendo l'Uomo della Luna,
"Sveglia, son passate le tre!", gli gridava.

Trasportarono l'Uomo su per il colle,
E l'infilarono svelti nella Luna,
I cavall partirono a galoppo folle,
La mucca arrivò saltando come sulle molle,
Piatto e cucchiaio andarono in cerca di fortuna.

Sempre più svelto suonava il violino,
Incominciò a ruggire il cagnolino,
Mucca e cavalli camminavan sulla testa,
Gli ospiti saltarono dal letto per far festa,
E tutti danzarono al suono dell'orchestra.

Ma la corda del violino si ruppe ad un tratto,
E la mucca saltò al di là della Luna,
Il cagnolino rise; divertente era il fatto,
Ed il piatto del Sabato andò a cercar fortuna
Col cucchiaio d'argento di Domenica ventura.

La luna tonda rotolò dietro il colle,
Ed il Sole rizzò la bionda e fiera testa,
Ma subito si disse: "Sogno o son desta?".
Malgrado la sua luce illuminasse a festa,
Tutti tornarono a letto dopo la notte folle!

L'enigma di Grampasso Non tutto quel ch'è oro brilla,
Né gli erranti sono perduti;
Il vecchio ch'è forte non s'aggrinza
E le radici profonde non gelano.
Dalle ceneri rinascerà un fuoco,
L'ombra sprigionerà una scintilla,
Nuova la lama ora rotta,
E re quei ch'è senza corona.

Il crollo di Gil-galad Gil-galad sugli Elfi soleva regnare:
Tristi cantano ora i menestrelli
I giorni ancor liberi e belli
Del suo regno tra i Monti ed il Mare.

La sua lancia era aguzza, la sua spada tagliente,
E da lungi il suo elmo splendeva possente.
Migliaia di stelle che in cielo raggiavano
Nel suo elmo d'argento si rispecchiavano.

Ma mille anni fa egli cavalcò via,
E nessuno oggi sa dov'egli adesso sia;
E la sua stella cadde nelle tenbre profonde,
A Mordor dove la cupa ombra si diffonde.

Beren e Luthien Lunghe eran le foglie e l'erba era fresca,
E le cicute ondeggiavano fiorite e belle.
Una luce brillava nella foresta,
Era tra le tenebre un luccicar di stelle.
Tinúviel ballava nella radura,
Di un flauto nascosto alla musica pura;
Una luce di stelle le inondava i capelli
E la splendida veste, oh Tinúviel!

Lì giunse Beren dal monte imponente
E tra le fronde e gli alberi vagabondò disperso,
E dove il fiume elfico scorre turbolento
Camminò solitario ed in pensieri immerso.
Guardando tra le verdi foglie delle foreste,
Vide con meraviglia dalie dorate
Ricoprir il manto e la lunga veste
E la capigliatura bionda come cascate.

Per incanto i piedi guariti e riposati,
Che condannati erano ad errare lontano,
Ripresero il cammino, senza paura né rimpianto,
E tra i raggi di luna ei giocava con la mano.
Tinúviel tra i boschi elfici
Fuggiva con piedi alati
Lasciandolo senza amici
Nelle foreste e sui prati.

Beren sentì un suono puro, sublime e celeste,
Come di passi e danze pari a petali leggeri;
E musica vibrava sotto le foreste,
Cullando il suo cuore triste ed i suoi pensieri.
Giunse l'inverno e cupi gli alberi e le piante,
Sospiravano tristi, per il tormento
Cadevan le foglie con la luna calante,
La campagna era fredda e gelido tirava il vento.

La cercò sempre, lei ch'era bella,
Tra i rami e le foglie e le fronde delle piante,
Al lume della luna, al raggio della stella,
Sotto un cielo pallido, ghiacciato e tremante.
La sua veste fulgeva al bagliore lunare
Mentre in lontananza sul colle danzava
Ed ai suoi piedi agili si vedeva brillare
Una nebbia d'argento ch'ella emanava.

Passato l'inverno ella tornò a ballare
E col suo canto giunse la primavera,
Come una felice allodola o una rondine leggera,
Ed un fiume che scorre dolce verso il mare;
E quando ai suoi piedi spunteranno i fiori,
Ei non desiderò altro che starle accanto,
Poterla accompagnare nel ballo e nel canto
Sull'erba fresca dai mille colori.

Inseguita, di nuovo ella fuggì via.
Tinúviel! Tinúviel!
Il suo nome elfico era poesia,
Ed ella si fermò un attimo ad ascoltare
Come incantata la voce di Beren
Che svelto la raggiunse e come per magia
La vide fra le sue braccia splendere e brillare
Fanciulla elfica ed immortale.

Da tradurre
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Da tradurre
Da tradurre
Da tradurre
Da tradurre
Da tradurre
Da tradurre

Ma dal destino amaro furono separati,
E vagarono a lungo per monti e pendici
Tra cancelli di ferro e castelli spietati
E boschi cupi e tetri e luoghi abbandonati,
Mentre fra loro erano i Mari Nemici.
Ma un giorno luminoso si ritrovaron felici,
Ed assieme partiron, amati e infine uniti,
Attraverso boschi e campagne fiorite.

Poesia del Vagabondo Seduto solo sul suo sedile in pietra il Vagabondo
Sgranocchiava e rosicchiava un vecchio osso liso e rotondo,
Da molti anni lo rosicava
Poichè carne non se ne trovava.
Bruca, rosica, morde!
In una grotta solitario abitava,
E di carne non se ne trovava.

Arriva Tom coi suoi stivali gialli,
Dice al Vagabondo: «Toh! Che fai lì!
Di mio padre Tim quello lo stinco pare tanto,
Che dovrebbe invece stare al camposanto.
Caverna, grotta e cimitero!
Da anni se n'è andato il nostro Tim compianto,
Ed io credevo proprio che fosse al camposanto».

«Amico», disse il Vagabondo, «quest'osso qui io l'ho rubato.
Ma ossa in un buco non han significato.
Tuo padre era ormai scheletro e stecchito
Quando del suo stinco mi sono impadronito!
Morto, defunto e seppellito!
Lui può dare lo stinco a un Vagabondo
Perchè non ha bisogno del suo osso rotondo».

Tom disse: «Non vedo perchè
Può far quel che gli pare un tipo come te,
Con lo stinco o la gamba del mio papà,
Perciò quell'osso dammi qua.
Pirata, ladro e farabutto!
Anche se morto gli appartiene ancor tutto,
Perciò dai qua quell'osso, o mi faccio brutto!».

«Ho una buona idea», disse il viandante sghignazzando,
«Ora mangio anche te, ed il tuo stinco masticando
Infine un po' di carne fresca potrò assaporare!
Anzi è meglio seduta stante incominciare!
Vedrai, morirai, pregherai!
Son stufo ossa vecchie di dover sgranocchiare,
Ho voglia la mia fame con te di saziare».

Ma credeva ormai di aver il pranzo pronto,
Che con un pugno di mosche rimase come un tonto,
In quattro e quattr'otto Tom gli fu dietro,
E gli diede un possente calcio nel retro.
Così impari, soffri e sconti!
Tom pensò che un calcio nel posteriore
Sarebbe stata la cosa migliore.

Ma dura come pietra è la carne di un Vagabondo,
Seduto su di un colle da anni ed anni, solo al mondo,
Dargli un calcio è come darlo a un monte imponente,
Perchè egli non lo sente minimamente.
Scalcia, scalpita, sbuffa!
Rise il Viandante sentendo di Tom il lamento,
Sapendo che per i suoi piedi il calcio era stato un tormento.

La gamba di Tom è mezza paralizzata,
Ed il suo piede ancor tutto azzoppato,
Ma il Viandante non ci fa caso, e solitario
Continua a rodere l'osso rubato al proprietario.
Pirata, ladro e farabutto!
Intanto ancor seduto sul suo sedile il Vagabondo,
Rosica e sgranocchia l'osso suo rotondo.

Canto di Eärendil Eärendil era uomo di mare,
Eppur si attardava ad Arvernien;
Costruì una barca di legno
Per recarsi sino a Nimbrethil;
D'argento tessute le vele;
D'argento eran pure le lanterne,
E la prua in forma di cigno,
E la luce sulle bandiere.

Un'armatura dei re antichi,
In maglia di anelli intrecciati;
Sullo scudo intagliate le rune
Contro tutti i pericoli e i mali;
Un arco di corno di drago,
Le frecce di ebano duro,
D'argento splendente la cinta,
E il fodero di crisopazio;
Valorosa la spada d'acciaio,
Inflessibile l'elmo orgoglioso
Sormontato da una piuma d'aquila;
Uno smeraldo gli splendea sul petto.

Sotto la Luna e sotto le stelle
dai nordici lidi andò vagabondando,
Per meravigliosi sentieri incantati,
Sino ad un mondo al di là dei mortali.
Dal gelido tormento dello Stretto Ghiaccio
Ove l'ombra ricopre le colline glaciali,
Dalle fiamme ed il fuoco di antri arroventati,
Egli fuggì via e ancor vagando
Su acque cupe e su laghi fatali
Giunse infine un giorno alla Notte del Nulla,
E vi s'inoltrò e non vide mai tracce
Di rive, di spiagge, di luci di rocce.

I venti incolleriti, furibondi lo travolsero,
E tra schiuma e schiuma fuggì ciecamente
Senza più sapere dove est ed ovest fossero
Cercando la via di casa disperatamente.

In quel momento Elwing gli apparve davanti,
E brillò una fiamma nell'oscurità;
Più fulgida e splendente di luce di diamanti
Era la favilla sulla sua fronte.
Donò a lui il Silmaril,
Incoronandolo di luce e di vitalità,
Così intrepido e forte e prode Eärendil
Riprese il comando della sua nave.
Nella buia notte di questo mondo oltre il mare
Si levò d'improvviso una tempesta violenta,
Un vento di potere e potenza a Termenel.
Trascinò veloce la sua barca la tormenta
Per sentieri che i mortali non percorrono mai.
Attraverso mari remoti e abbandonati,
Attraverso grigi flutti incantati
Da oriente ad occidente senza tornare mai.

Condotto da onde nere e ruggenti
Per leghe infinite, su abissi profondi,
Ove prima che iniziassero i giorni vi erano terre,
Nelle Notte del Nulla, nelle ombre frementi,
Udì su rive di perle
Ove frangono i flutti, ove muoiono i mondi,
Una musica eterna vibrare
Tra l'oro e le gemme trasportate dal mare.
Silente e pensosa la Montagna si ergeva,
E nel suo grembo Valinor il vespro teneva;
Eärendil scorse al di là del mar
Splendente, lontano, remoto, Eldamar.
Sfuggito era infine alla notte,
Giunto in un limpido porto,
Nella Casa di Elfi ove tutto è verde e conforto,
Ove l'aria è fragrante ed il cileo cristallin,
Ove ai piedi del Colle di Ilmarin
Splendide e fulgenti nelle vallate
Di Tirion le alte torri illuminate
Si riflettono sul Lago Ombroso.

Lì placò la stanchezza del viaggio,
Imparando melodie soavi,
Ascoltando come in miraggio,
I racconti e le storie degli avi.
Lo vestirono di elfico bianco,
Ed ei partì per contrade nascoste,
Sette luci sul suo cammino stanco,
Come se attraversasse il Calacirian.
Giunse nei luoghi ove il tempo non scorre,
Ove gli anni risplendono eterni,
Ed il Remoto Re governa perenne
Ad Ilmarin sulla Montagna solenne;
Gli svelarono segreti e misteri
Sul conto degli Elfi e degli Uomini veri.
Del mondo gli mostraron visioni
Proibite ai comuni mortali.

Poi un nuovo vascello costruirono per lui
In cristallo elfico intagliato;
Non aveva bisogno di remi,
E sull'albero d'argento sbalzato
Nessuna vela avevano issato:
Il Silmaril era allo stesso tempo
Lanterna brillante e bandiera al vento
Posta sulla nave dalla mano di Elbereth;
Ella diede ad Eärendil delle ali immortali,
E dei perenni incantesimi fatali,
Per poter giungere navigando nei cieli
Dalla Luna e dal Sole al di là dei veli.

Dalle alte colline di Sempresera
Ove l'acqua delle fontane scorre leggera,
Le ali lo portarono, pari a luce vagante,
Oltre l'imponente Muro di Montagne.
Ma un giorno dalla Fine del Mondo andò via,
Per la sua amata casa piena di nostalgia,
E si rimise in viaggio ondo ritrovarla
Sfavillante come un'isola di stelle;
Giunse così in alto oltre nubi e nebbie,
Una scintilla al cospetto del Sole,
Un prodigio di fronte all'alba nascente
Ove delle Terre Nordiche scorre il grigio torrente.

Sulla Terra di Mezzo passò volando
E udì i lamenti, la tristezza ed il pianto
Di molte elfiche voci femminili
Nei Tempi Remoti, negli anni lontani.
Ma egli sapeva di essere condannato
A vagare come un astro infocato
Finchè la Luna non fosse sbiadita,
Prima di poter posare le dita
Sulle Sponde di Qui ove vivono i mortali;
Mai il messaggero si potrà riposare
E nemmeno il suo compito abbandonare
Che è di cercar lungi il suo lume senza ingiuria,
Il Flammifer dell'Ovesturia.

Inno elfico a Elbereth Gilthoneil (2) A Elbereth Gilthoniel,
silvren penna miriel
o menel aglar elenath!
Na-chaered palan-diriel
o galadhremmin ennorath,
Fanuilos, le linnathon
nef aear, si nef aearon!

L'Enigma di Boromir Cerca la Spada che fu rotta,
A Imaldris la troverai;
I consigli della gente dotta
Più forti di Morgul avrai.
Lì un segno verrà mostrato,
Indice che il Giudizio è vicino,
Il Flagello d'Isildur s'è svegliato,
Ed il Mezzuomo è in cammino.

Inverno nelle Terre Selvagge Quando incomincia a mordere l'inverno
E nella notte gelida scricchiano i sassi,
Quando gli stagni son neri, e gli alberi tutti spogli,
E' nefasto per le Terre Selvagge avviare i propri passi.
La canzone di Bilbo Seduto accanto al fuoco, rifletto
Su tutto quel che ho visto
Sulle farfalle ed i fiori dei campi
In estati ormai da me distanti

Penso a foglie giale e a tele di ragno
In autunni che più non torneranno
Alle nebbiose mattine, e al sole d'argento,
E ai miei capelli agitati dal vento.

Seduto accanto al fuoco, rifletto
Al mondo che sarà,
Quando l'inverno un giorno giungerà,
Ma della primavera io non vedrò l'aspetto.

Vi sono infatti tante e tante cose
Che io purtroppo ancora non conosco:
Diversi in ogni prato ed in ogni bosco
Il verde ed il profumo delle rose.

Seduto accanto al fuoco, rifletto
Ai popoli vissuti tanto tempo fa,
Ed a coloro che vedranno un mondo
Che a me per sempre ignoto resterà

Ma mentre lì seduto rifletto
Sui tempi che fuggiron veloci
Ascolto in ansia ed aspetto
Il ritorno di passi e di voci.

Il canto di Durin Giovane era il mondo, e le montagne verdi
Ancora sulla Luna macchia non era da vedervi,
Nessuna parola su fiume o rupe eretta in aria,
Quando Durin destatosi camminò in terra solitaria.
Diede nome ad anonimi colli e vallate,
Bevette da sorgive ancor mai assagiate;
Egli si chinò per guardare nel Mirolago,
E di una corona di stelle vide il contorno vago;
Parean gemme incastonate in argento,
Sulle ombre del suo bel capo intento.

Bello era il mondo, ed alti i monti ignoti,
Prima della caduta, nei Tempi Remoti,
Dei potenti re che son fuggiti via
Da Nargothrond o Gondolin che sia
Dai Mari Occidentali sull'altra sponda:
Ai tempi di Durin la terra era gioconda.

Era re su si un trono intarsiato
Fra saloni dal gran colonnato;
Sul capo i soffitti d'argento,
Su porte le rune del potere, e d'oro il pavimento.
Di sole, luna e stelle il bagliore infocato
Nei lampadari lucidi di cristallo molato,
Che sempre splendidi e imponenti brillavano,
E che mai nubi ed ombre di notte offuscavano.

Ivi colpiva l'incudine il martello,
Ivi l'incisor scriveva, ed oprava lo scalpello;
Ivi forgiata la lame ed all'elsa unita,
Ivi minator scavava e murator costruiva con fatica.
Ivi gemme perle ed opale iridescente,
E metallo lavorato come maglie di rete incandescente.
Ivi scudi e corazze, acse, spade e pugnali,
E le trombe squillavano ai cancelli.

Il popolo di Durin mai non si stancava;
Sotto le montagne la musica suonava:
Fremevano le arpe, cantavano i menestrelli,
E le trombe squillavano ai cancelli.

Il mondo è grigio e le montagne anziane,
Nelle fucine, le fredde ceneri sono del fuoco un ricordo lontano.
Nessun'arpa vibrante, nessun ritmo di martelli.
Regna l'oscurità su miniere e castelli;
Sulla tomba di Durin incombe fosca l'ombra,
A Moria, a Khazad-dûm.
Ma ancora appaiono le stelle morenti
Nel Mirolago oscuro e senza venti.
Là giace in abissi d'acque di Durin la corona,
Lì si risveglierà, quando sarà giunta l'ora.

La canzone di Nimrodel Elfica fanciulla d'un tempo passato,
Stella che brilla al vento,
Bianco il suo mantello e d'oro bordato
E le scaroe grigio argento.

Una stella sulla sua fronte,
Una luce nei suoi capelli,
Il sole brilla tra le fronde
A Lórien dei giorni belli.

Lunghi i capelli, bianca la pelle, chiara la voce
Della libera fanciulla volante
Nell'aria e nel vento come luce veloce,
Come sul tiglio foglia vibrante.

Nel Nimrodel fra le cascate
Dalle acque chiare e spumeggianti
La sua voce come gocce argentate
Squillava tra i flutti scintillanti.

Nessuno sa per quali alti valichi
Se all'ombra o al sole ella errando vada,
Perchè Nimrodel smarrita in tempi antichi
E persa fu nei monti e nella rugiada.

Nei rifugi oscuri la elfica nave,
Sotto il riparo del monte,
Da giorni e giorni l'aspettava
Nelle rugenti acque profonde.

Un canto al Nord si levò di notte,
Ululava e gemea,
E trascinò via dai porti le navi a frotte
Nella potente marea.

Pallida venne l'alba e le terre fuggivano.
Grigio svaniva il monte
Oltre le grandi onde che violente muggivano
E spumeggiavano sino all'orizzonte.

Amroth le spiagge ed i lidi mirava
Oltre l'onda sollevata,
Odiando la nave infida che l'allontanava
Da Nimrodel la sua adorata

Egli Re Elfico anticamente era,
Signore d'albero e di radura,
Quando d'oro brillavano i rami in primavera
A Lothlórien la pura.

Lo videro balzare dal timone nel mare
Come la freccia dalla corda tesa,
E nelle acque profonde nuotare
Come il gabbiano sull'onda protesa.

Il vento impetuoso nel fluente capello,
La schiuma lo avvolgeva tutto,
Lungi lo videro possente e bello
Attraversare il flutto.

Ma da ovest non è giunto messaggio
E sul vicino lido incantato
Gli Elfi nulla sanno del viaggio
Di Amroth loro re adorato.

Canto funebre di Frodo per Gandalf Grigia era la sera nella Contea,
Il suo passo si udì sulla Collina;
Ma prima che brillasse l'alba argentea,
Già era partito per la sua via.

Dalle Terre Selvagge agli occidentali lidi,
Dai deserti del Nord ai colli verdeggianti,
Nel covo del drago e nei nascosti nidi
Egli camminò a lungo nei boschi ombreggianti.

Con Hobbit e con Elfi, con Uomini e con Nani,
Con coloro che non muoiono e con i mortali,
Con la bestia nel covo e l'uccello sui rami,
Egli sapea parlare le lingue locali.

Voce squillante, mano che guarisce,
Una schiena curva sotto il grave peso,
Bastone che guida, spada che ferisce,
Un pellegrino stanco sul sentiero scosceso.

In sapienza ed in saggezza egli era signore,
Un vecchio dal cappello antico e corroso,
Alla collera e al riso pronto a tutt'ore,
Appoggiato sul suo fedele bastone nodoso.

Solo si ergea sul ponte,
Sfidando sia il fuoco che l'ombra;
Rotto il bastone nel monte,
Khazad-dûm fu la sua tomba.

E Sam aggiunge:

I razzi ed i fuochi più belli del mondo,
Le stelle dal verde e dal blu più giocondo,
Il rombo d'un tuono e le scintille infocate
Cadono come pioggia di gocce dorate.

L'addio di Galadriel Cantavo di foglie, di foglie dorate, e sulle foglie l'oro brillava,

Cantavo del vento, ed il vento incatato tra le fronde e le foglie giocava.
Al lume del sole, al raggio di luna, sul mare brillava la schiuma.
Un albero d'oro, ad Ilmarin ermo, su lidi e su spiagge profuma.
Al lume di stelle di Sempre-vespro esso si veda brillar,
Ai piedi delle mura di Elven Tirion, rifulgeva ad Eldamar.
Ivi da anni ed anni crescono le foglie d'oro,

Qui sui Mari Nemici gli Elfi piangono in coro.

Oh Lorien! Giunge l'inverno, l'Ora nuda e spoglia,
Il Fiume fugge via e trascina con sé la foglia.
Oh Lorien! Sulla Riva Citeriore troppo tempo ho passato,
Sbiadita è la mia corona d'elanor dorato.
Ma se adesso di navi dovessi cantare, qual nave vedrei arrivare,
Qual mare potrebbe ormai portare Galadriel al di là del mare?

Il canto degli Eldmar (Galadriel) Ai! laurie lantar lassi surinen,
Yeni unotime ve ramar aldaron!
Yeni ve linte yuldar avanier
mi oromardi lisse-miruvoreva
Andune pella, Vardo tellumar
nu luini yassen tintilar i eleni
omaryo airetari-lirinen.

Si man i yulma nin enquantuva?

An si Tintalle Varda Oiolosseo
ve fan yar maryat Elentari ortane
ar ilye tier undulave lumbule;
ar sindanoriello caita mornie
i falmalinnar imbe met, ar hisie
untupa Calaciryo miri oiale.
Si vanwa na, Romello vanwa, Valimar!

Namarie! Nai hiruvalye Valimar.
Nai elye hiruva. Namarie!