Valarin
Capaci di comunicare attraverso il pensiero, i Valar in realtà non avevano bisogno di un linguaggio parlato, ma sembra che fu adottato come parte della loro assunzione di forme fisiche umanoidi.
Il Valarin era completamente estraneo alle orecchie degli Elfi, a volte a tal punto da generare disapprovazione, e pochissimi di loro impararono la lingua, adottando solamente alcune delle parole Valarin nel loro Quenya. I Valar impararono il Quenya invece, e lo usarono per conversare con gli Elfi, o tra di loro quando erano presenti gli Elfi. Il Valarin sembra usare parole molto lunghe; per esempio, la parola Valarin per Telperion, Ibrîniðilpathânezel, è lunga otto sillabe. I Vanyar adottarono un maggior numero di parole del Valarin nel loro dialetto Quendya rispetto ai Noldor e ai Teleri, poiché vivevano più vicino ai Valar. Alcuni dei nomi elfici dei Valar, come Manwë, Ulmo, ed Oromë sono probabilmente versioni modificate ed abbreviate dei loro nomi Valarin.
Almeno una parola nella Lingua Nera, nazg, "anello", sembra essere presa a prestito dal Valarin naškad (Melkor era un Vala e Sauron un Maia, quindi anche loro dovevano conoscere il Valarin).
Il Valarin non è collegato ad alcuna delle altre lingue di Arda poiché fu creato fuori da Eä, e tranne per poche parole (quasi sempre nomi propri) non si sa niente del linguaggio. Prima di esso, l'unica forma di linguaggio era la Musica degli Ainur, la più pura forma di linguaggio, poiché era pensiero puro, senza bisogno di menzione; Ogni pensiero era un articolo definito in e di se stesso, e la Musica era una struttura interamente sufficiente.
Linguaggio nero
Sauron creò il linguaggio nero, come linguaggio artificiale (forse, almeno in alcuni scritti, a partire da una variante storpiata della lingua Valarin, il "melkiano" di Melkor), affinché fosse l'unica lingua di tutti i servi di Mordor, rimpiazzando le molte varietà del "linguaggio degli orchi" e altre lingue usate dai suoi servi. Tolkien descrive il linguaggio come esistente in due forme, la forma antica, "pura", usata da Sauron stesso, i Nazgûl, e gli Uruk-hai, e la forma più "svilita" usata dai soldati di Barad-dûr alla fine della Terza Era.
Molti dialetti degli orchi adottarono alcune parole da esso. Come detto, il linguaggio nero era probabilmente basato interamente sul valarin, poiché Morgoth e i suoi Maiar ribelli (che parlavano il valarin) non possedevano il fuoco segreto, ma potevano solo corrompere le cose al loro servizio. Potrebbe anche essere basato sul quenya (ad es. nazg, anello, pare derivare dal valarin naškad mentre gûl, spettro o schiavo, richiama la radice quenya per "spettri" in ulairi, "fantasmi - o spettri - dell'anello").
Nella vita reale, J. R. R. Tolkien creò questa lingua con l'intenzione di farla dura e brutta. Il linguaggio nero è sfortunatamente una delle lingue meno complete nei romanzi di Tolkien, perché le forze del bene rifiutano di pronunciarlo, poiché attrae l'attenzione dell'occhio di Sauron. Diversamente dall'elfico, non ci sono poemi o canzoni scritte in questa lingua (oltre all'iscrizione dell'anello), e poiché Tolkien lo realizzò sgradevole ai propri occhi (o alle proprie orecchie), non gli piaceva usarlo. Tolkien raccontò che una volta ricevette un calice da un fan con l'iscrizione dell'anello incisa in linguaggio nero, ma, trovando la lingua ripugnante, non lo usò mai per bere, ma ne fece un posacenere. Il risultato è un insieme di parole difficili da usare in una conversazione giornaliera.