Conosciuta anche come Edda in prosa o Edda recente, è un manuale di poetica norrena che contiene anche molte storie di mitologia norrena. Il suo intento era di fare capire ai lettori e ai poeti norreni le sottigliezze dei versi allitterativi (versi che ripetono spesso gli stessi suoni), e di afferrare il significato celato di molte kenningar di uso frequente nella poesia norrena. Fu scritta dal dotto storico islandese Snorri Sturluson attorno al 1220. Sopravvive in sette manoscritti principali, scritti all'incirca fra il XIV e il XVII secolo.
Il titolo con cui essa è nota, "Edda in prosa", serve a distinguerla da un altro componimento norreno di contenuto simile, in versi, ritrovato anonimo secoli dopo Snorri, e a cui fu dato il nome di Edda su imitazione dell'opera di Snorri: oggi esso è noto come "Edda maggiore" o "Edda poetica".
Nonostante abbia composto il suo libro in epoca cristiana, Snorri attinge con scrupolo addirittura filologico alle fonti pagane, allo scopo di non disperdere il partimonio lirico e religioso del suo popolo. Parte della critica moderna imputa a Snorri di aver omesso o adattato quanto riusciva utile al suo scopo, modificando in modo irrecuperabile i miti che aveva deciso di tramandare. In realtà, per la maggior parte degli studiosi, l'attentissimo approccio che Snorri ha con le sue fonti è piuttosto rassicurante. Inoltre è possibile che Snorri abbia attinto a fonti più antiche e "pure" di quelle che ci sono arrivate tramite l'Edda poetica.
L'Edda in prosa è composta da un prologo e tre parti:
1. Fyrirsögn ok Formáli (intestazione e prologo) Lo scopo di questo prologo è, una sorta di introduzione al lettore, per informarlo sulla storia del mondo secondo la Bibbia e spiegare come nell'Europa settentrionale sorse la fede nelle divinità pagane. Egli utilizza insieme fonti bibliche e classiche: tratta di Adamo ed Eva, del Diluvio universale, della torre di Babele e di Zoroastro, e spiega come gli uomini dimenticarono la fede nel vero Dio e passarono ad adorare una moltitudine di divinità; tratta poi del regno di Saturno, antico re di Creta a cui erano attribuiti sapienza esoterica e poteri magici, e dei sovrani che regnarono nella città omerica di Troia.
2. Gylfaginning (l'inganno di Gylfi) (20.000 parole circa), è una narrazione completa ed organica dei miti norreni, e in particolare tratta della creazione e della distruzione del mondo da parte degli Dei e molti altri aspetti della mitologia norrena. La seconda parte dell'Edda è chiamata Skáldskaparmál (Arte poetica) e la terza Háttatal (Trattato di metrica).
Il Gylfaginning parla dell'incontro del re Gylfi con gli Æsir, e del suo viaggio travestito da Gangleri fino a Ásgarðr. Là Gylfi è apparentemente esposto alla gloria di Ásgarðr e dei suoi abitanti.
3. Skáldskaparmál (dialogo sull'arte poetica) (50.000 parole circa), è la seconda parte dell'Edda in prosa. Questa parte dell'Edda in prosa (senza contare il Formáli) è la più lunga delle tre che compongono l'opera ed è caratterizzata, rispetto alle altre due, da una generale mancanza di sistematicità e organizzazione. Si tratta infatti di un testo, pieno di citazioni e di narrazioni giustapposte senza un'apparente armonia di base, il cui intento rimane comunque chiaro, ovvero quello di fornire esempi di tecniche compositive nell'arte poetica: lo skáldskapr, appunto. Questa mancanza di organicità lascia supporre che esso sia stato l'ultima parte dell'Edda a essere composta e che al momento dell'assassinio di Snorri, nel 1241, fosse ancora incompiuto. Pertanto, non è nemmeno da escludere che sia stato completato da compilatori e da copisti successivi all'autore, i quali furono incaricati di trasmettere e divulgare la sua opera.
Diversamente dal Gylfaginning, che si proponeva di parafrasare soprattutto il canzoniere eddico, il Discorso sull'arte scaldica indaga più a fondo la poesia cosiddetta scaldica, cioè composta dagli scaldi (parola derivante dal norreno skáldr "poeta"), ovvero poeti e cantori di professione, profondissimi conoscitori della lingua, delle figure retoriche e della tecnica compositiva, il cui compito principale era quello di tramandare il patrimonio storico e letterario della propria cultura attraverso la ricapitolazione degli antichi poemi e di comporre nuove opere di carattere mitologico-religioso, encomiastico o d'occasione.
I personaggi in questo dialogo sono il gigante del mare Ægir e il dio della poesia Bragi, in cui il secondo spiega al primo delle difficili figure retoriche tipiche della poetica norrena, quali le kenningar e gli úkend heiti, semplici denominazioni o epiteti considerati particolarmente poetici. Lo scopo di questo libro è pertanto istruire il lettore sull'arte poetica nordica, spiegandogli così il significato di molti epiteti mitologici citati nelle opere di antichi scaldi.
In questo libro vengono narrate alcune storie che si possono trovare anche su altre fonti mitologiche, come il rapimento di Iðunn da parte di Þjazi, il matrimonio tra Skaði e Njörðr, il furto da parte di Odino dell'idromele della poesia, i combattimenti tra Thor ed i giganti Hrungnir e Geirrøðr.
Altre storie forniscono racconti eroici: si parla di Sigfrido, di re Fróði, di Hrólfr Kraki. A volte Snorri non si accontenta di citare una semplice metafora poetica, ma fornisce lunghi estratti dei poemi che la contengono, conservando così importanti opere che altrimenti sarebbero andate perdute: è il caso del poema Haustlöng ("lungo come l'autunno") di Þjóðólfr ór Hvíni, del Þórsdrápa ("inno a Thor") di Eilífr Goðrúnarson e del Ragnarsdrápa ("inno a Ragnar") di Bragi Boddason. Nel testo è riportato anche un canto mitologico considerato parte dell'Edda poetica ma che non figura in alcun manoscritto della raccolta: la Gróttasöngr ("Canzone del Grótti").
4. Háttatal (trattato di metrica) (20.000 parole circa), nel quale l'autore esamina i ritmi e i tipi di strofa. Composta da 102 versi e 100 metri di versificazione riguarda la celebrazione del re Hàkon Hakonsson (1220), protettore di Snorri nei tempi in cui soggiornò in Svezia.